I mille anni perduti fra le due risurrezioni

From Diwygiad

Una concezione largamente diffusa legge le affermazioni del capitolo 20 dell’Apocalisse come se la Bibbia profetizzasse che vi sarà un periodo di mille anni (1007 per la precisione) fra la risurrezione dei giusti e la risurrezione e condanna degli ingiusti. Partendo da questo presupposto si vorrebbero interpretare tutte le altre profezie bibliche sugli ultimi tempi come “chiave di lettura” spiegandone (o meglio, piegandone) il chiaro significato: nella maggior parte dei testi sugli ultimi tempi non si fa mai menzione di questi mille anni e chiaramente si concepisce un’unica risurrezione e giudizio sia dei giusti che degli ingiusti. Perché Apocalisse 20 sembra essere in palese contraddizione con le affermazioni del resto dell’apocalittica biblica? Tutto nasce da un equivoco: la fondamentale incapacità a comprendere il particolare stile letterario di questo testo dell’Apocalisse che non va preso alla lettera ma compreso come un mirato artificio letterario. Trarre da questo fondamentale equivoco, poi, tutta l’elaborata mitologia che oggi sembra così popolare potrà affascinare chi ama, come si dice oggi la letteratura fantasy e la fiction, ma sortisce solo l’effetto di deviare l’attenzione dall’Evangelo biblico, realizzando (questa volta sì) la profezia che dice: “Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole” (2 Timoteo 4:3-4).

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I mille anni perduti fra le due risurrezioni

Nella parabola delle zizzanie e del buon seme in Matteo 13:24-30 (con la sua interpretazione in Matteo 13:36-43), Gesù spiega che il Figlio dell’Uomo è quello che semina nel mondo il buon seme - i figli del regno. Il diavolo, però, “viene di notte” e “semina zizzanie” - i figli del maligno. Alla “fine dell’età presente” il Figlio dell’Uomo manderà i Suoi angeli a raccogliere dal suo regno “tutti quelli che commettono l’iniquità” per essere gettati nella “fornace ardente”. “Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro”. Un’altra parabola parallela a questa è quella della rete (Matteo 13:47-50). Gesù paragona il regno dei cieli ad una rete che raccoglie ogni genere di pesci. Quando la rete sarà piena, alla fine dei tempi, la rete è tratta a riva da pescatori che separeranno il buon pesce (i giusti) da quello cattivo (gli ingiusti). Il buon pesce viene conservato, mentre quello cattivo, quello che “non vale nulla”, viene buttato via. Come vi potrebbe essere un intervallo di mille anni fra la raccolta del pesce buono e quello cattivo, quando non vi è che una sola rete che trae a riva ogni tipo di pesce raccolto in una volta sola?

Basata soltanto su questo principio, la risurrezione di tutti i morti - giusti ed ingiusti - avverrà non in due tappe separate, ma in un unico momento temporale alla fine del mondo. Questi chiari testi contraddicono la concezione del premillennialismo dispensazionalista che insegna che vi saranno risurrezioni multiple. Nello schema dispensazionalista sugli ultimi tempi, i giusti saranno fatti risorgere nel cosiddetto “Rapimento segreto”, e 1007 anni più tardi, sarà la volta degli ingiusti ad essere fatti risorgere, giudicati e scagliati nello stagno di fuoco (Apocalisse 20:11-15). Questo periodo includerebbe una tribolazione di sette anni dopo il rapimento ed un regno di Cristo della durata di mille anni.

Questo è il classico schema dell’eisegesi, vale a dire la proiezione nel testi di idee differenti. Per il solo fatto che i dispensazionalisti presuppongono che il millennio sia da intendersi letteralmente, ogni altro brano dovrà essere interpretato in quella luce. Oltre a quelli citati, però, molti altri testi mostrano che questa separazione immaginaria fra le due risurrezioni viene inserita dai dispensazionalisti senza alcuna evidenza scritturale come sua base, in contraddizione ai testi biblici che parlano di un’unica risurrezione generale “l’Ultimo Giorno”. Esaminiamo alcuni di questi diversi punti di vista.

Una sola risurrezione l’Ultimo Giorno

Diversi testi paolini insegnano che i giusti verranno fatti risorgere al ritorno di Cristo: “Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo” (1 Tessalonicesi 4:15-16). I cristiani aspettano: “Il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa” (Filippesi 3:20-21). Cristo, essendo “primizia di quelli che sono morti”, risorgerà per primo, “poi quelli che sono di Cristo, alla Sua venuta” (1 Corinzi 15:20,23). Quanto avverrà questa risurrezione dei giusti? Gesù ripetutamente specifica - quattro volte, per essere precisi - che essa avverrà “nell’ultimo giorno” (Giocanni 6:39,40,44,54). se gli ingiusti fossero fatti risorgere mille anni dopo i giusti, come potrebbe la risurrezione dei giusti essere “nell’ultimo giorno”? Nello steso modo, sul monte degli Ulivi, Gesù predice il tempo in cui il Figlio dell’Uomo verrà “sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria” - linguaggio che indubbiamente si riverisce alla seconda venuta - e i Suoi angeli “riuniranno i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all’altro dei cieli” (Matteo 24:29-31).

Diversi testi sono molto chiari sul fatto che vi sarà solo una risurrezione generale alla fine dei tempi. Daniele 12:1-2 afferma: “quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna infamia”. Gesù usa lo stesso linguaggio quando dice in Giovanni 5:28-29 che “...tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio” (Giovanni 5:28-29). Paolo pure predica “che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti” (Atti 24:15). Potrebbe forse “un’ora” durare mille anni? Potrebbero due risurrezioni separate da 1000 anni, essere propriamente chiamate un’unica e singola risurrezione?

Tre parabole sul Giudizio universale

In Matteo 25 troviamo una serie di tre parabole sulla venuta del Figlio dell’Uomo. In queste tre parabole Gesù mostra come il Giudizio ultimo - sia dei giusti come degli ingiusti - avverrà nel Giorno del Suo ritorno. Questo vuol dire chiaramente che tutti quanti un giorno saremo di fronte a Lui nello stesso giorno, e che non vi sia alcun periodo di mille anni che separi il giudizio dei giusti da quello degli ingiusti. Nella parabola delle dieci vergini (Matteo 25:1-13), lo sposo arriva inaspettatamente “verso mezzanotte”. Le cinque ragazze che avevano atteso pazientemente e si erano fatte trovare pronte, entrano con lo sposo nel salone delle feste, ma la porta viene richiusa, lasciandone fuori le altre cinque che non erano pronte. Questa parabola è confermata in Apocalisse 19:6-9 dove la Sposa di Cristo è descritta nei termini dei beati che “sono invitati alla cena di nozze dell’Agnello”. Gli ingiusti (coloro che “non hanno lavato le loro vesti”), sono lasciati fuori dalle porte della città (Apocalisse 22:14-15) perché nulla di impuro entrerà nella Città celeste (Apocalisse 21:27). La parabola dei talenti in Matteo 25:14-30 racconta di un uomo che era partito per un viaggio affidando le sue proprietà a tre dei suoi servi. Dopo molto tempo, egli ritorna e chiama i suoi tre servi a rendere conto di come avevano amministrato le sue proprietà. Il “servo buono e fedele” entra nella gioia del suo signore, mentre “il servo malvagio e fannullone” è gettato “nelle tenebre di fuori”. Di queste tre parabole, quella delle pecore e delle capre (Matteo 25:31-46) fornisce la prova più evidente di una singola risurrezione generale dei giusti e degli ingiusti. “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra” (Matteo 25:31-33). I giusti erediteranno “il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo” (v. 34), ma i maledetti andranno “nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (v. 41). Dopo aver analizzato queste tre parabole, il dilemma ovvio che devono affrontare i premillenialisti dispensazionalisti è questo: Come vi possono essere due risurrezioni separate da 1000 anni, quando la separazione avviene nello stesso avvenimento nel giorno stesso del ritorno di Cristo?

Perché Apocalisse 20:1-6 sembra ignorare tutto il precedente?

Coloro che sostengono il premillennialismo dispensazionalista fondano l’intera loro escatologia dispensazionalista su alcuni versetti di Apocalisse 20, dove “mille anni” è menzionato sei volte. In effetti, essi è come se affermasseo:, “non importa quanto chiare e cristalline siano le evidenze discusse prima, vogliamo sviluppare l’intero nostro sistema di dottrina su sei versetti di Apocalisse 20 soltanto, e per quanto essi siano meno chiari di tutti gli altri”!

Apocalisse 20 ci dice che quando Cristo tornerà “le anime di quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù” torneranno in vita in una “prima risurrezione”. “Gli altri morti” non torneranno in vita prima che i mille anni siano trascorsi (vv. 4-5), il che implicherebbe una seconda risurrezione. La “morte seconda” non ha potere su questi martiri di Cristo (v. 6). La “morte seconda” si riferisce pure a quando la stessa morte e l’Ades sono gettati nello stagno di fuoco (v. 14). La “morte seconda” implica ovviamente una “morte prima”.

Dato che la Bibbia insegna chiaramente una sola generale risurrezione dei corpi, “prima risurrezione” sarebbe una palese contraddizione insegnare qui esservi un’altra risurrezione fisica mille anni più tardi. Di fatto, non si tratta di una contraddizione, ma di concetti espressi con particolari e ben identificabili forme letterarie, quelle del chiasmo[1], non comprendendo le quali se ne equivoca tutto il messaggio e, peggio, si intende imporre e “conciliare” questo equivoco con tutti gli altri testi della Bibbia che parlano di un’unico giudizio generale. Questo testo non deve essere così preso alla lettera: lo scrittore incrocia “morte” e “risurrezione” con “giusti” ed “ingiusti” affermando paradossalmente che il morire dei giusti di fatto è una risurrezione a nuova vita, mentre il risorgere degli ingiusti di fatto è una risurrezione ad una nuova morte. Morte e risurrezione sono concettualmente paralleli, dove il secondo è disposto nell’ordine inverso a quelli del primo. Qui Giovanni, così, mette in evidenza l’antitesi fra “primo” (protos) in quanto “vecchio” nel senso dello stato di cose presente e temporale, e “secondo” come lo stato delle cose nuovo ed eterno. Dato che la risurrezione dei corpi segna l’ingresso della creatura umana nell’eternità, e “prima risurrezione” si riferisce ad uno stato transitorio e temporale, la “prima risurrezione” non può riferirsi ad una risurrezione fisica.

In questo testo vi sono due paia di paradossi. La prima coppia: “prima risurrezione” dei giusti e la “seconda morte” degli empi, è esplicita e metaforica. Sia “prima risurrezione” che “seconda morte” sono scritti nel testo. Così come “prima risurrezione” non è in senso fisico, la “seconda morte”, quella alla quale gli empi sono soggetti, non è una una reale morte fisica. La seconda coppia del paradosso: “prima morte” degli empi e “seconda risurrezione” dei giusti, nel testo sono solo implicite e non espresse esplicitamente. Allo stesso modo, sia la prima morte degli empi e la seconda risurrezione dei giusti sono di natura corporea. Con questo schema paradossale, ci si riferisce allo stato temporale ed eterno dei giusti come a “risurrezioni” (plurale), mentre quello degli empi è indicato, in ciascuno dei casi, come “morte”. E’ così che Giovanni riserva il termine “morte” esclusivamente agli ingiusti e il termine “risurrezione” esclusivamente ai giusti.

La morte dei cristiani è identificata come “la prima risurrezione” perché quando i giusti muoiono, di fatto essi vivono (entrano nella vita) e svolgono funzioni regali e sacerdotali (vv. 4 e 6). Paolo concorda quando dice: “per me il vivere è Cristo e il morire guadagno” (Filippesi 1:21), il “guadagno” della risurrezione. In contrasto al fatto che, nel giorno del Giudizio, gli empi siano fatti risvegliare e tratti dalle loro tombe (v. 13) solo per essere gettati nello stagno di fuoco (v. 15), avvenimento che Giovanni chiama “seconda morte”. Questa coppia di paradossi è riassunta nella seguente struttura chiastica:

Chiasmoapocalisse20.png

Conclusione

Questo articolo abbiamo cercato di dimostrare come non vi sia che una sola risurrezione dei morti (quella dei giusti e degli ingiusti) alla fine dei tempi, quando Cristo ritornerà.

L’inserzione di un periodo di mille anni (letterali) fra la risurrezione dei giusti e la risurrezione degli ingiusti, non può essere giustificata dalle Scritture, siano esse l’Antico oppure il Nuovo Testamento.

E’ preghiera e speranza dell’autore di questo articolo che coloro che insegnano e credono in un futuro regno millenario di Cristo in terra, considerino con attenzione e studino i testi citati e riconsiderino i loro radicati ma infondati presupposti escatologici, sviluppati non dalle Scritture, ma dall’insegnamento e dalla letteratura oggi popolare basata su un fondamentale equivoco che sorge dal non comprendere le caratteristiche dello stile letterario dell’Apocalisse.

Rev. Nollie Malabuyo

Note

[1] Il chïasmo (o chïasma), dal lat. tardo chiasmus, gr. χιασμός, tratto dal nome della lettera χ, per la sua forma incrociata] è una figura retorica, consistente nell’accostamento di due membri concettualmente paralleli, in modo però che i termini del secondo siano disposti nell’ordine inverso a quelli del primo, così da interrompere il parallelismo sintattico. Un particolare tipo di chiasmo è quello in cui, oltre all’inversione sintattica, si ha anche un mutamento o addirittura un rovesciamento del senso delle parole (come nell’antimetabole della retorica classica); è artificio frequente nella pubblicistica moderna, per la creazione di frasi programmatiche e di enunciati d’effetto, spec. in titoli di giornali e anche di opere letterarie, storiche, politiche e di scritti polemici, con esiti spesso paradossali: Ad es.“l’arma della critica non può certamente sostituire la critica delle armi” .

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