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Il Signore e Salvatore Gesù Cristo: il Suo sacrificio in croce, 3

La Confessione di fede valdese del 1655, undicesima parte

Introduzione

Il concetto della necessità di un sacrificio di espiazione per il perdono dei nostri peccati, in particolare di un sacrificio cruento, in vista della nostra eterna salvezza di fronte a Dio, viene oggi generalmente rifiutato con orrore come “un concetto primitivo”. Oggi si pensa piuttosto ad un Dio che ama, accoglie e perdona incondizionatamente, pretendendo al massimo un qualche “atto di buona volontà” da parte nostra, ma non certo un Dio che pretenda un sacrificio umano! Che, come dice il Credo apostolico, Gesù "patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto" non lo si mette in questione, ma che questo, oltre ad essere la conseguenza della crudeltà spietata di un potere ingiusto e malvagio, sia stato, secondo l'insegnamento del Nuovo Testamento, necessario per l'economia della salvezza per "placare l'ira e la giustizia di Dio" molti nostri contemporanei non lo vogliono accettare. Ecco così che chi "non se la sente" di respingere l'insegnamento apostolico cerca di reinterpretare il significato della morte di Cristo in croce con parametri diversi. Questo lo fanno spesso i moderni teologi revisionisti liberali [1].

Il problema, come sempre, è che queste "reinterpretazioni" ed "aggiornamenti" inevitabilmente si allontanano radicalmente da quanto la Bibbia ci presenta e spiega, e, come tutte le altre "revisioni" del messaggio neotestamentario, implicano una ridefinizione altrettanto radicale dell'autorità della Bibbia stessa che non viene considerata normativa quando interpreta l'evento di Cristo.. Questo è, infatti, ciò che si fa oggi generalmente nelle chiese in cui prevale l'approccio storico-critico allo studio della Bibbia, ma questo noi non siamo disposti a fare. Noi riteniamo, infatti, in sintonia con la fede della maggior parte dei cristiani di ogni tempo e paese, che non sia lecito adattare il messaggio cristiano alla nostra mentalità e cultura, ma che sia il messaggio biblico a dovere cambiare e plasmare il nostro modo di vedere le cose, i nostri presupposti e cultura [2] ! Il sacrificio di Cristo in croce è indubbiamente il dato più fondamentale della fede cristiana, tanto che i vangeli stessi sono stati definiti "la passione e morte di Cristo con una lunga introduzione" Come si potrebbe pretendere di ignorarlo o alterarne il significato?. Contestare l'interpretazione che ne da il Nuovo Testamento, equivale di fatto a contestare il Signore Gesù stesso che era andato consapevolmente verso la morte in croce, pur avendola potuto facilmente evitare. Oseremmo noi dire, sulla base dei nostri presupposti moderni che il sacrificio di Cristo in croce non fosse necessario, quando ripetutamente Egli stesso affermava che lo fosse? "Da quel momento Gesù cominciò a dichiarare ai suoi discepoli che era necessario per lui andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, essere ucciso e risuscitare il terzo giorno" (Matteo 16:21). Dobbiamo dunque comprendere questa "necessità" accogliendo tutti i suoi presupposti [3] , imparando noi stessi ed insegnando alla nostra generazione la verità oggettiva di quelle spiegazioni e dei presupposti sui quali si basano.

E' quindi nostra precisa determinazione quella di riaffermare la concezione biblica del mondo e della vita. Essa, infatti, è, la sola che possa farci comprendere la missione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, quella che rese necessaria la Sua morte in croce come sacrificio di espiazione dei nostri peccati. Che molti fra noi non comprendano più questi concetti, solo dimostra quanto la cultura contemporanea si sia allontanata dall'originale messaggio cristiano, e questa è la sostanza dell'apostasia di cui pure ampiamente parla il Nuovo Testamento come caratteristica degli ultimi tempi.

Ecco così che l'articolo 14 della confessione di fede valdese parla della morte di Cristo in croce come "per i nostri peccati", quello che oggi studieremo, benché sommariamente.

Comprendere ed accogliere con fede ciò che la Bibbia afferma sul sacrificio di Cristo in croce significa però anche contestare al tempo stesso l'errore contrario contrario tipico del Cattolicesimo romano. Esso, infatti, oltre che "glorificare" la sofferenza in sé stessa, ritenendola meritoria, ancora oggi, ritiene la sua "Messa" come una ripetizione incruenta ma efficace del sacrificio di Cristo in croce. E' quello che appunto contesta l'articolo 15 della Confessione di fede valdese, che afferma il carattere unico ed irripetibile del sacrificio di Cristo in croce. Quanto allora Cristo ha compiuto, mette, però, definitivamente fine ad ogni sacrificio cruento (reale, come ancora avviene in alcune religioni) oppure virtuale come si intende la "messa" del Cattolicesimo romano. La concezione che del sacrificio di Cristo presenta il Nuovo Testamento, e che la Riforma protestante classica ribadisce nelle sue confessioni di fede, è quanto mai equilibrata e "sana" e può, anzi, deve essere accolta come verità, perché essa è la sostanza stessa dell'Evangelo eterno che noi annunciamo.

Vediamo così gli articoli 14 e 15 della Confessione di fede valdese e, come sempre, dopo averli "espansi" includendovi i testi biblici di supporto, li commenteremo mettendo in rilievo i caratteri salienti della loro dottrina e la loro applicazione.

Articoli XIV e XV

Art. XIV - Morto per i nostri peccati

Che Iddio ha tanto amato il mondo ch'egli ha dato il Suo Figliolo per salvarci colla Sua perfettissima ubbidienza, quella specialmente ch'egli ha dimostrata sofferendo la morte maledetta della croce, e colle vittorie ch'Egli ha riportate supra 'l Diavolo, il peccato e la morte.

Dio mostra la grandezza del Suo amore per noi, chiamati fuori dal mondo, nel fatto di essere stati affidati a Cristo per essere salvati dai nostri peccati in virtù della Sua morte sacrificale in croce. Sarebbe stato infatti impossibile che da noi stessi, a causa della nostra impotenza, noi avessimo potuto salvarci dalla perdizione attraverso l'ubbidienza alla Legge di Dio, oppure offrendo sacrifici, offerte, od olocausti in espiazione dei nostri peccati.

Dio, così, giunta la pienezza del tempo, non risparmia Suo Figlio e ce lo manda come uomo, simile a carne di peccato e a motivo del peccato. Egli si umilia come un servo per essere condannato al nostro posto, ubbidendo fino alla morte ed alla morte di croce, quella più maledetta.

Egli ci riscatta dalla maledizione che la Legge commina verso coloro che non vi ubbidiscono, diventando Egli stesso oggetto di maledizione per noi. Egli viene per ubbidire perfettamente alla Legge di Dio tanto che, in virtù e per l'efficacia della giustizia che Egli ha acquisito ed all'espiazione che Egli ha compiuto, fatta una volta per sempre, noi siamo salvati, abbiamo vita eterna.

Tutto questo ci viene accreditato credendo in Lui. In questo, così, è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i peccati nostri e di quelli di gente d'ogni tipo sparsa per il mondo. Come per la disubbidienza di uno solo, Adamo, eravamo stati tutti costituiti peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, Cristo, molti sono stati dichiarati giusti.

Così come il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato, in Lui siamo stati fatti oggetto pure di ogni benedizione: siamo stati liberati dal timore della morte, abbiamo ricevuto i doni dello Spirito Santo e in Lui e con Lui riportiamo vittoria sul peccato, sulla morte e su Satana, che ora non può più accusarci.

Art. XV - Irripetibilità del sacrificio di Cristo

Che Jesu Christo avendo fatta l'intera espiatione de' nostri peccati col Suo perfettissimo sacrificio una volta offerto nella croce, non puole né deve esser reiterato sotto qualunque pretesto.

Siamo giustificati gratuitamente per la grazia di Dio, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Egli ha operato il solo possibile ed efficace sacrificio propiziatorio per il perdono dei nostri peccati.

Sulla croce Egli ha dato Sé stesso come prezzo di riscatto per noi tutti offrendosi puro di ogni colpa, purificando così la nostra coscienza per servire il Dio vivente. Siamo stati riscattati dal nostro vano modo di vivere, non con cose corruttibili, con argento o oro. Egli ha portato i nostri peccati nel Suo corpo, sul legno della croce affinché morissimo con Lui al peccato e vivessimo a causa della Sua giustizia. Il sangue di Gesù, il Figlio di Dio, è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati.

Gesù è al tempo stesso sacerdote e vittima sacrificale. Il Suo sacerdozio non si trasmette e rimane valido per sempre a chiunque faccia appello ad esso per la propria salvezza.

Non è più necessario offrire altri sacrifici perché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto Sé stesso. Come gli antichi sacerdoti di Israele, Egli è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, davanti a Dio, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così Egli ci ha acquistato una redenzione eterna. Avendo sofferto una volta per sempre per espiare i nostri peccati, Egli è stato ora manifestato per annullare il peccato del Suo popolo tramite il suo sacrificio. In virtù di quell'unico sacrificio, noi Suo popolo siamo stati santificati e resi perfetti per sempre mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre. Per questo e con riconoscenza noi ci atteniamo a questo solo vero sacrificio di Cristo.

L'insegnamento biblico ci porta così a rifiutare le pretese del Cattolicesimo romano di avere dei sacerdoti che nella Messa reiterano il sacrificio di Cristo per il perdono dei nostri peccati come blasfeme. Ancora oggi questo insegnamento rimane invariato. Viene infatti esplicitamente affermato che la messa sia "il sacrificio, ripetizione incruenta del sacrificio di Cristo sul Calvario", e questo noi respingiamo decisamente.

Approfondimento

L'espiazione vicaria prefigurata

Così come Dio manifesta la Sua giustizia condannando l'umanità empia e ribelle all'eterna separazione da Lui (rappresentata dall'espulsione di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre [4] ), così Dio dimostra il Suo amore e la Sua misericordia concedendo la grazia della salvezza ad una parte dell'umanità (rappresentativa dell'umanità, "il mondo") attraverso un'espiazione vicaria. L'espiazione vicaria (qualcuno che subisce la condanna al posto del condannato affinché ne sia liberato) è prefigurato più volte negli stessi primi capitoli della Genesi. In Genesi 3:21 Dio "copre la nudità" di Adamo ed Eva con delle tuniche di pelle. Degli animali, così, perdono la loro vita per poter "coprire" l'essere umano.

In seguito, Abele offre in sacrificio dei primogeniti del suo gregge a Dio, e, a causa di questo, Dio "guarda con favore" Abele e la sua offerta [5] . Quando poi una parte dell'umanità, Noè e la sua famiglia, trova salvezza dal diluvio del giudizio di Dio nell'arca che Egli ordina a Noè di costruire, terminato il diluvio, essi escono dall'arca e Noè, costruito un altare, offre degli olocausti che diventano per il Signore un "odore soave" [6] . Dopodiché Dio solleva l'umanità sopravvissuta da una parte delle maledizioni che erano state loro comminate.

Un'altra notevole dimostrazione didattica del concetto di espiazione vicaria avviene quando Dio chiede ad Abraamo (capostipite del popolo eletto) di offrire in sacrificio suo figlio Isacco. Dio, però, interrompe questo sacrificio e salva Isacco facendo trovare per Isacco "un sostituto", un montone, offerto in olocausto "invece che suo figlio" . Abraamo chiama poi quel luogo "Iavè-Irè", vale a dire "Al monte del Signore sarà provveduto" [7] .

Il complesso sistema sacrificale per il perdono dei peccati del popolo eletto, che Dio stesso comanda ed è descritto e praticato attraverso tutto l'Antico Testamento, diventa così un'unica prefigurazione di quanto Dio farà in Cristo per rendere possibile il perdono dei peccati di coloro ai quali Dio accorda grazia e perdono: il sacrificio espiatorio vicario del Suo unico Figlio, il Servo di Dio, il Messia.

"Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità ; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti " (Isaia 53:3-5).

Il sacrificio vicario di Cristo

"...ma quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l'adozione. (...) Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio" (Galati 4:4-7). Noi confessiamo che Gesù di Nazareth sia il Cristo, il Servo di Dio, "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" [8] . "Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati" (1 Giovanni 2:2), Colui che prende su di Sé, al posto nostro, la pena che noi avremmo meritato a causa dei nostri peccati, affinché noi ne fossimo liberati e potessimo così accedere alla comunione salvifica con Dio.. E' così che Dio mostra la grandezza del Suo amore per noi, chiamati fuori dal mondo ed eletti a salvezza: in virtù della Sua morte sacrificale sulla croce, il prezzo della nostra salvezza è stato pagato.

La concezione del mondo e della vita che la Bibbia insegna rappresenta le creature umane vincolate ad un preciso ordinamento legale sancito nel Patto che le lega al loro Creatore. Esse sono sottoposte ad una Legge morale che devono rispettare e che garantisce loro la vita. Trasgredire a quella Legge comporta precise conseguenze: il giudizio e la condanna che Dio commina loro. Come ribelli e trasgressori della Legge di Dio noi siamo giudicati colpevoli e passibili delle conseguenze penali previste. La nostra condizione di radicale depravazione morale e spirituale, secondo l'insegnamento biblico, implica la morte, l'eterna separazione da Dio, cosa del tutto irreparabile.

Sarebbe stato infatti per noi impossibile, quand'anche l'avessimo voluto, pagare il prezzo del nostro peccato per diversi motivi, espiare la nostra pena ed uscirne liberi. In primo luogo, dalla pena capitale ovviamente non c'è ritorno [9] . Cristo, però, avendola subita, essendo Egli sia uomo che Dio, è risorto dai morti. In secondo luogo, ai fini della salvezza ci è richiesta ubbidienza perfetta, cosa impossibile per noi [10] . Cristo, però l'ha realizzata per noi: "Agli uomini questo è impossibile; ma a Dio ogni cosa è possibile " [11] . In terzo luogo, qualunque sacrificio, offerta ed olocausto che noi avessimo potuto portare a Dio non avrebbero potuto pagare compiutamente il nostro enorme debito [12] , infatti: "ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati" (Ebrei 10:11). I sacrifici dell'Antico Testamento erano solo prefigurazioni del sacrificio ultimo di Cristo: i santi di quel tempo ricevevano, infatti, il perdono dei loro peccati non in forza di quei sacrifici, ma per fede nell'opera del futuro Messia.

Ecco così che, nella Sua misericordia ed amore, l'eterno Figlio di Dio, che è Dio, si fa uomo "simile a carne di peccato e a motivo del peccato" e prende il posto degli eletti a salvezza, prendendo su di Sé l'enorme fardello del loro peccato. Egli, splendore della purezza e santità di Dio, si umilia fino al livello del più odioso peccatore e della morte più vergognosa e maledetta, tanto che possiamo ora dire: "Cristo ci ha riscattati dalla maledizione [prevista] della legge, essendo divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»" (Galati 3:13), Dalla maledizione che pendeva sul nostri capo veniamo riscattati.

Egli ci dona, per così dire, il certificato su cui c'è scritto "Tutto è stato pagato" e, insieme a quell'altro "certificato" che dichiara che perfetta giustizia è stata per noi conseguita, possiamo presentarci alle porte del Cielo ed avere diritto di entrarvi. Tutto questo non per merito nostro (perché non ne abbiamo alcuno), ma in forza di ciò che solo Cristo ha potuto conseguire per noi, una volta per sempre.

Davvero possiamo dire che in questo sia l'amore, non che noi abbiamo amato Dio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i peccati nostri come pure di quelli di tante e tante persone sparse per il mondo, di ogni tipo e condizione. Come scrive Giovanni: "...guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano … che diceva: «Alleluia! La salvezza, la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio" (Apocalisse 7:9; 19:1). Come per la disubbidienza di uno solo, Adamo, eravamo stati tutti costituiti peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, Cristo, molti sono dichiarati giusti.

Coloro che Dio ha affidato a Cristo, amati in Lui, non devono più nulla a Dio, se non la loro riconoscenza. Essi non devono temere più nulla e per sempre, anzi, con Lui, per questa stupefacente grazia, ottengono ogni altra cosa. Ogni sorta di benedizione è in Cristo e niente e nessuno gliela porterà più via. Siamo stati liberati dal timore della morte, abbiamo ricevuto i doni dello Spirito Santo e in Lui e con Lui riportiamo vittoria sul peccato, sulla morte e su Satana che continua ad accusarci, ma noi non crediamo alle sue accuse. Quando lo fa possiamo ...mostrargli "i certificati" da Cristo firmati e suggellati. Per questo l'Apostolo può scrivere: "Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? ... noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Romani 8:31-39).

Obiezioni alla dottrina del sacrificio vicario

Sebbene molti testi biblici insegnino chiaramente la dottrina dell'espiazione vicaria, sono state sollevate molte obiezioni.

Perché Dio non perdona semplicemente i peccati? Se gli esseri umani sono in grado di perdonarsi l'un l'altro semplicemente da un atto di buona volontà, non potrebbe Dio fare lo stesso? Questo non considera, però, che Dio non è semplicemente una persona privata che è stata offesa, ma amministratore del sistema giudiziario. Se Dio rimuovesse o ignorasse la colpa del peccato senza richiedere un pagamento, distruggerebbe di fatto la fibra morale del creato, la distinzione fra giusto e sbagliato. Inoltre per quanto riguarda le offese che a noi vengono rivolte siamo consapevoli che almeno in parte la colpa sia anche nostra e che a nostra volta ci siamo resi colpevoli. Con Dio, però, che non tenta o sbaglia, non vi è tale elemento di imperfezione che renda il peccato meno grave.

Una seconda obiezione suggerisce che il Padre che carica sul Figlio la nostra colpa sarebbe una palese ingiustizia ed un abuso. Come si può accettare che un innocente prenda il posto del colpevole? Il sacrificio di Cristo, però, è volontario (cfr. Giovanni 10:17-18). Gesù non è stato costretto a farlo dal Padre, ma volontariamente ha così deposto la Sua vita compiacendo il Padre. Inoltre, il Padre ed il Figlio sono un unico e lo stesso Dio: l'opera di Cristo coinvolge totalmente il Padre. Dio, così, è sia Giudice che vittima sacrificale. E' come se, in termini umani, il Giudice offrisse di pagare Egli stesso "di tasca sua" l'enorme debito del colpevole.

Che l'amorevole Figlio distolga il Padre dalla Sua ira contro il peccato con spirito amorevole, non indicherebbe un conflitto interno fra le Persone della Trinità? No, è il Padre che manda il Figlio ad espiare il peccato del Suo popolo. Cristo è stato inviato dall'amore del Padre. Non è che l'espiazione abbia trasformato un Dio irato in un Dio amorevole. Dio ha inviato Suo Figlio per amore [13] .

Come può esserci imputata la giustizia di Cristo? Una persona non può essere buona per un'altra. Trasferire un credito da una persona ad un'altra è una transazione esterna e formale inappropriata alla questione della nostra condizione spirituale davanti a Dio? Il nostro rapporto con Cristo, non è mai oggettificato. Il singolo credente è di fatto unito, in comunione con Lui. Una nuova entità, per così dire, è entrata nel mio essere. E' come se io e Cristo fossimo sposati e condividessimo tutto. Non si tratta tanto, quindi, di trasferire qualcosa da Lui a me, ma portare insieme due persone per avere tutto in comune. In Cristo io sono morto sulla croce e in Lui sono risorto. La Sua morte, quindi, non è solo al mio posto, ma anche in me.

Non più ripetere, solo celebrare!

Di fronte alle chiare affermazioni della Parola di Dio possiamo proclamare con sicurezza e certezza che siamo giustificati gratuitamente per la grazia di Dio, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. Possiamo proclamare che Cristo ha operato il solo possibile ed efficace sacrificio propiziatorio per il perdono dei nostri peccati, che sulla croce Egli ha dato Sé stesso come prezzo di riscatto per noi tutti offrendosi puro di ogni colpa, purificando così la nostra coscienza. Possiamo ora dedicare con fiducia la nostra vita a servire il Dio vivente ed il Suo Cristo esprimendogli così la nostra riconoscenza.

Siamo stati riscattati dal nostro vano modo di vivere della gente di questo mondo, non con cose corruttibili, con offerte in denaro, opere buone o rituali religiosi. Cristo ha portato i nostri peccati nel Suo corpo, sul legno della croce affinché morissimo con Lui al peccato e vivessimo a causa della Sua giustizia.

Come i credenti dell'Antico Testamento che, per essere perdonati dei loro peccati e riconciliati con Dio, facevano appello fiducioso all'opera del futuro Messia, così oggi, gente di ogni tempo e paese può fare appello fiducioso a quanto è avvenuto sul Golgota come all'unico ed irripetibilel sacrificio per il perdono dei loro peccati, tutti: passati, presenti e futuri. Questa è la potente efficacia di quell'unico sacrificio. Non abbiamo più bisogno di altri sacrifici, né di sacerdoti. Il tempio di Gerusalemme per noi è scomparso per sempre. Gesù solo è quel tempio, Egli solo il sacerdote, Egli solo la vittima sacrificale. Il Suo sacerdozio non si trasmette e rimane valido per sempre a chiunque faccia appello ad esso per la propria salvezza.

Come gli antichi sacerdoti di Israele, Egli è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, davanti a Dio, non con sangue di animali, ma con il proprio sangue. Così Egli ci ha acquistato una redenzione eterna. Avendo sofferto una volta per sempre per espiare i nostri peccati. In virtù di quell'unico sacrificio, noi Suo popolo siamo stati santificati e resi perfetti per sempre mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre. Per questo e con riconoscenza noi ci atteniamo a questo solo vero sacrificio di Cristo. Non è più necessario offrire altri sacrifici perché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto Sé stesso.

L'insegnamento biblico ci porta così a rifiutare le pretese del Cattolicesimo romano che, a fallace imitazione (ed incomprensione) di quanto avveniva nell'Antico Testamento, di avere dei sacerdoti che nella Messa reiterano il sacrificio di Cristo per il perdono dei nostri peccati. Si tratta di concetti blasfemi perché ritengono insufficiente quel sacrificio non solo pretendendo di ripeterlo, ma anche affermando che, quando moriremo, ancora dovremmo scontare in un fantomatico "purgatorio" quanto il sacrificio di Cristo non avrebbe coperto. Concetti questi veramente aberranti come chiunque immagina che un giorno il tempio fisico di Gerusalemme verrà ristabilito e ripresi sacrifici di animali. Sì, davvero assurdo e blasfemo.

Oggi, quando la chiesa evangelica celebra il culto e con il culto la Cena del Signore, essa solo commemora e celebra l'opera di Cristo valida per sempre.

C'è differenza fra la messa ed il culto evangelico?

Sulla scorta di quanto afferma l'articolo 15 della Confessione di fede valdese possiamo precisare come segue quale sia la differenza fra messa e culto evangelico. Diverse persone male o poco informate ritengono, infatti, che non vi sia differenza sostanziale fra la messa del cattolicesimo romano ed il culto evangelico, che sia, cioè, solo una questione di forma. Alcuni persino chiamano “messa” la riunione domenicale dei credenti evangelici. Nulla di più sbagliato: vi è una differenza di fondo fra le due celebrazioni che spinge coerentemente molti cristiani evangelici a rifiutarsi di partecipare alla messa – anche se vi fossero invitati – perché, in coscienza, per le concezioni che essa sottende, la considerano un vero e proprio insulto al santo e prezioso nome di Cristo. Se questo atteggiamento può parere eccessivo agli spiriti più concilianti, un esame approfondito di queste concezioni rivelerà ben presto quanto esse siano aberranti rispetto al genuino messaggio delle Sacre Scritture ed alla pratica dei primi cristiani. Ne forniamo qui alcune indicazioni riassuntive.

La “messa” viene definita dal cattolicesimo romano “il supremo ed unico sacrificio eucaristico della chiesa cristiana cattolica” [14] . Il termine deriva dalla formula con cui nei primi secoli del cristianesimo il diacono congedava i fedeli al termine del rito: “Ite, missa est”, intendendo significare: “E' permesso di andare”, “vi potete congedare”.

Nella liturgia cattolica la messa è composta da due parti. La prima è detta: “liturgia della parola” (lettura delle Sacre Scritture) inframmezzata da suppliche e preghiere, la seconda, “vero e proprio sacrificio” [15] , è composta sostanzialmente dall'offertorio, dalla consacrazione del pane e del vino, e dalla comunione. Anticamente questo invito ad allontanarsi era pronunciato dopo la liturgia della parola e prima della celebrazione dell'eucaristia, intendendo così congedare coloro che non erano in condizioni legali e morali per poter partecipare a questa, essendo così riservata solo ai cristiani “comunicanti”. Il termine “messa”, così inteso, stava perciò a significare: “Sta per iniziare la messa”, il momento culminante della celebrazione.

Il “sacrificio della messa” è una delle dottrine più peculiari del sistema cattolico-romano, definita “fonte ed apice di tutta la vita cristiana” [16] e ha ben poco a che fare con il culto evangelico riformato. Mentre quest'ultimo si incentra sulla lettura e sulla predicazione della Parola di Dio, la parte più importante della messa è, infatti, la “ripetizione del sacrificio di Cristo”. Esso non è semplicemente un “memoriale” del sacrificio di Cristo sulla croce, ma la sua “attualizzazione” che renderebbe “presente ed attuale, hic et nunc, il sacrificio unico di Cristo nei suoi elementi costitutivi: la stessa vittima, il medesimo offerente, e la stessa azione sacrificale, sebbene diversa nel modo incruento di offrire” [17] , inoltre essa “ne applica il frutto” [18] in modo unico ed insostituibile.

In essa il pane ed il vino, “diventano misteriosamente il corpo ed il sangue di Cristo” [19] e in essa: “Cristo dona lo stesso corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue” [20] … Questo sacrificio sarebbe offerto non solo per i vivi, ma “anche per i fedeli defunti … affinché possano entrare nella luce e nella pace di Cristo” [21] . La messa sarebbe valida, inoltre, solo quando viene celebrata dal vescovo, o da chi è stato da lui autorizzato [22] , mentre non avrebbe alcuna validità quella celebrata “dalle comunità ecclesiali nate dalla Riforma … perché non hanno conservata la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico … per la mancanza del sacramento dell'Ordine” [23] .

Tali concezioni non sono assolutamente condivisibili dalla fede evangelica, la quale, di fatto, considera la messa e la teoria che ad essa sottende, del tutto aberrante, empia e blasfema. Si può quindi dire a ragion veduta che ogni qual volta si celebra una messa Cristo venga insultato e disonorato e di tutto questo i fedeli evangelici non vogliono esserne complici partecipandovi in qualsiasi modo. L'opera di Cristo è stata compiuta una volta per sempre ed è efficace in modo immediato per tutti i luoghi ed i tempi a chi, udendo l'annuncio dell'Evangelo, ad essa faccia appello tramite la fede, senz'alcun bisogno di celebrazioni sacramentali né di mediazioni sacerdotali umane, “Infatti con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati” (Ebrei 10:14). La celebrazione evangelica della Cena del Signore conferma simbolicamente e suggella questa realtà.

Con le parole della Confessione di Fede Riformata di Ginevra del 1536, affermiamo: “Ora, poiché la messa del papa è stata un'ordinanza maledetta e diabolica intesa a sovvertire il mistero di questa santa Cena, noi dichiariamo che essa ci è in abominio, come un'idolatria condannata da Dio, sia in quanto è considerata un sacrificio per la redenzione delle anime, sia perché in essa il pane è considerato ed adorato come Dio, oltre alle altre bestemmie e superstizioni esecrabili che vi sono contenute, ed all'abuso della Parola di Dio che vi viene presa invano, senza alcun frutto ed edificazione ” [24] .

La Confessione di Fede Riformata Posteriore del 1566 afferma inoltre: “la messa, così come oggi è in uso in tutta la chiesa romana, è stata abolita nelle nostre chiese per diverse e giustissime ragioni … Il fatto sta che abbiamo trovato non essere una buona cosa che si sia trasformata un'azione santa e salutare in un vano spettacolo; così pure che essa sia stata resa meritoria e che la si celebri per denaro o che si dica che il prete vi fa il corpo stesso del Signore e che lo offra realmente e di fatto per la remissione dei peccati dei vivi e dei morti, addirittura in onore e celebrazione o memoria dei santi che sono in cielo” [25] .

Implicazioni dell'espiazione vicaria

La concezione biblica di espiazione vicaria, quand'è compresa in tutta la sua complessità, è una verità ricca e significativa. Essa comporta molte implicazioni per la nostra complensione della salvezza.

La dottrina dell'espiazione vicaria conferma l'insegnamento biblico della completa depravazione morale e spirituale delle creature umane. Dio non sarebbe giunto sino al punto di condurre alla morte di croce il Suo prezioso Figlio se non fosse stato assolutamente necessario. Noi siamo del tutto impotenti di provvedere da noi stessi al nostro bisogno. Questa dottrina contesta il fallace ottimismo antropologico dell'umanesimo corrente spesso anche nelle chiese.

La natura di Dio non è unilaterale, né vi è tensione alcuna fra gli aspetti della natura di Dio. Egli non solo è giusto ed esigente, né semplicemente amorevole e generoso. Egli è giusto, tanto da rendere necessario un sacrificio per il peccato. Egli è così amorevole e generoso da provvedere Egli stesso quel sacrificio. Una visione squilibrata del carattere di Dio è fonte di innumerevoli insegnamenti errati e svianti di tante chiese moderne.

Non c'è altro modo per essere salvi di fronte a Dio se non la grazia e, specificatamente, la morte di Cristo. Essa ha un valore infinito e copre per sempre tutti i peccati di coloro ai quali la grazia è destinata. Un sacrificio individuale non potrebbe neppure sperare di coprire i peccati di quanti lo offrono. L'erspiaszione vicaria pone fine al ritualismo superstizioso ed alla pratica dei sacrifici. L'espiazione vicaria è fonte di sicurezza per il credente nel suo rapporto con Dio. La sua base, la morte espiatrice di Cristo, è completa e permanente. Per quanto noi si senta al riguardo del peccato, il fondamento del nostro rapporto con Dio rimane inalterabile. Noi non dovremmo mai prendere alla leggera la salvezza che otteniamo per fede nella Persona e nell'opera di Dio. Sebbene essa sia gratuita, è pure costata molto cara, il sacrificio ultimo di Dio. Dobbiamo quindi essere sempre grati per quello che Egli ha compiuto, amarlo come espressione della nostra riconoscenza ed ubbidirgli con gioia.

Conclusione

La morte di Cristo come sacrificio espiatorio per i peccati del Suo popolo affinché essi potessero giungere a salvezza è una dottrina fondamentale della fede cristiana che deve essere compresa nei termini esposti dal Nuovo Testamento e fatta nostra. Fa parte integrante della nostra conversione a Cristo assumere la concezione del mondo e della vita che Dio ci comunica nella Sua Parola per ricevere e vivere l'amore che Dio ha avuto per noi in Cristo. Questo è oggi particolarmente importante proprio quando la mentalità moderna ci allontana così tanto dalla verità rivelata nella Parola di Dio e ci nutre di illusioni e di empietà. Lungi dall'alimentare "cattima coscienza e rassegnazione" come afferma qualche suo critico, essa libera la coscienza dalla colpa e ci rende arditi nel nostro amore verso Dio ed il nostro prossimo. Trascurare quanto la Legge di Dio stabilisce e ritenere di "saperla più lunga" noi è una follia che pagheremo a nostra vergogna.

"Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno" (Ebrei 4:16).

Domande di verifica e per lo studio ulteriore

  • Perché il concetto di "sacrificio di espiazione" ci sembra oggi generalmente ripugnante?
  • Perché Gesù considera necessaria la Sua sofferenza e morte in croce?
  • Perché quel che Gesù ha realizzato morendo in croce per i nostri peccati mette definitivamente fine ai rituali religiosi sacrificali nella fede cristiana come pure delle altre religioni?
  • In che modo l'Antico Testamento prefigura l'espiazione vicaria del Cristo che muore in croce?
  • Quale capitolo del libro del profeta Isaia annuncia e spiega in modo impressionante ciò che il Cristo compie morendo in croce? Quali sue espressioni ritieni più significative?
  • In che modo le crerature umane sono vincolate dall'ordinamento legale imposto loro da Dio e quindi responsabili a Lui del loro operato?
  • Perché noi non abbiamo la possibilità di evitare oppure soddisfare la pena che dobbiamo scontare a causa del nostro peccato ed uscirne?
  • Se l'offerta a Dio di sacrifici animali di espiazione non può guadagnarci il perdono di Dio e la salvezza, a che cosa servivano nell'Antico Testamento?
  • In che modo Cristo espia al nostro posto la pena che meritiamo tanto da liberarcene?
  • Quali altri "benefici supplementari" riceviamo dalla morte e risurrezione di Cristo?
  • Perché la fede riformata contesta la Messa dei cattolici-romani?
  • Qual è la differenza fra messa e culto evangelico?

Note

  • [1] Un esempio recente è quello del teologo riformato François Vouga che ritiene che la lettura sacrificale della morte in croce di Gesù sarebbe addirittura estranea al Nuovo Testamento. Secondo il professore di Nuovo Testamento presso le Facoltà teologiche di Bethel e Wuppertal, in Germania, il Venerdì santo rivelerebbe la fiducia incondizionata di Dio nell'umanità. Vouga ha esposto la tesi di una lettura non sacrificale della morte di Gesù nel suo recente libro “La religion crucifiée. Essai sur la mort de Jésus” (La religione crocifissa. Saggio sulla morte di Gesù), da poco pubblicato presso l'editrice Labor et Fides di Ginevra. Vedi l'intervista in: http://www.voceevangelica.ch/focus/focus.cfm?id=19097 In essa giunge ad affermare con arroganza: "...è necessario liberarla dalle letture sacrificali che non solo ne hanno oscurato il senso, ma hanno contribuito - contraddicendo il messaggio emancipatore del vangelo - ad alimentare la cattiva coscienza e la rassegnazione dei credenti e delle credenti". Mentendo, poi, afferma: "La lettura sacrificale della morte di Gesù è estranea al Nuovo Testamento. Il primo ad applicarla fu Ignazio di Antiochia, nel secondo secolo. Nelle sue lettere, Ignazio si sforza di dare al cristianesimo le caratteristiche della religione romana: il sacrificio è compiuto per placare l'ira degli dèi e per garantirsi la loro benevolenza".
  • [2] Certo, vi sono casi in cui è necessario contestualizzare alcuni aspetti del messaggio del Nuovo Testamento, ma si tratta di aspetti secondari, non certo di questioni fondamentali come il significato della morte di Cristo in croce.
  • [3] Dobbiamo imparare, quindi ed assumere come nostra la concezione biblica su Dio, l'essere umano, i criteri che devono caratterizzare il nostro comportamento, la base legale che regola i nostri rapporti con Dio, i concetti di giudizio di Dio, colpa, condanna, castigo, pena ed espiazione, ecc.
  • [4] Genesi 3:24.
  • [5] Genesi 4:4.
  • [6] Genesi 8:20.
  • [7] Genesi 22:15.
  • [8] " Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!" Giovanni 1:29.
  • [9] "Il salario del peccato è la morte" (Romani 6:23).
  • [10] "Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti. 11 Poiché colui che ha detto: «Non commettere adulterio», ha detto anche: «Non uccidere». Quindi, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge" (Giacomo 2:10-11).
  • [11] Matteo 19:26.
  • [12] "I doni e i sacrifici offerti secondo quel sistema non possono, quanto alla coscienza, rendere perfetto colui che offre il culto" (Ebrei 9:9).
  • [13] " In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati." (1 Giovanni 4:10).
  • [14] Enciclopedia Motta, Milano : Motta Editore, 1968, vol. 9, p. 5076..
  • [15] Ibid. op. cit.
  • [16] Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium, 11.
  • [17] Nuovo Dizionario di Teologia, a cura di G. Barbaglio e S. Dianich, Cinisello Balsano (MI): Edizioni Paoline, 1988(5°), voce “Eucaristia”, p. 459.
  • [18] Catechismo della Chiesa Cattolica, Città del Vaticano : Editrice Vaticana, n. 1366.
  • [19] Catechismo C. C. , n. 1333..
  • [20] Catechismo C. C. n. 1365.
  • [21] Catechismo C. C. n. 1371.
  • [22] Catechismo C. C. n. 1369.
  • [23] Catechismo C. C. n. 1400.
  • [24] Confessione di Ginevra (1536), in Confessioni di Fede delle Chiese Cristiane, a cura DI Romeo Fabbri, Bologna: Edizioni Devoniane, 1996, p. 659.
  • [25] Seconda confessione elvetica (1566), op. cit.. p. 847.

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