Cristo predicò agli spiriti? Commento su 1 Pietro 3:19-20

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Cristo predicò agli spiriti?

Commento su 1 Pietro 3:19-20
di Giovanni Calvino (1509–1564)

“E in esso andò anche a predicare agli spiriti trattenuti in carcere, che una volta furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, al tempo di Noè, mentre si preparava l'arca, nella quale poche anime, cioè otto, furono salvate attraverso l'acqua” - (1 Pietro 3:19-20)

19. "...e in esso andò anche...". Pietro ha aggiunto questo affinché sapessimo che la potenza vivificatrice dello Spirito di cui ha parlato, fu non solo manifestata a Cristo stesso, ma è anche effusa per noi, come mostra Paolo in Romani 5:5. Egli poi dice, che Cristo non risorse solo per sé stesso, ma perché fosse resa nota agli altri la stessa potenza del suo Spirito, tanto che giunse fino ai morti. Ne segue quindi, che noi la sentiremo nell’opera vivificatrice di tutto ciò che in noi è mortale.

Ma poiché l’oscurità di questo passo ha prodotto, come al solito, diverse spiegazioni, dapprima dimostrerò la falsità di ciò che è stato sostenuto da alcuni, e in seguito ricercheremo il suo genuino e vero significato.

Comune è l’opinione che qui ci si riferisca alla discesa di Cristo agli inferi; ma le parole non significano affatto questo, perché non vi è menzione alcuna dell’anima di Cristo, ma solo che egli andò mediante lo Spirito; e queste cose sono davvero differenti, che l’anima di Cristo si recò, e che Cristo predicò mediante la potenza dello Spirito. Poi Pietro menziona esplicitamente lo Spirito, per rimuovere l’idea di quello che può essere chiamato la presenza reale.

Altri spiegano questo passo degli apostoli, che Cristo per mezzo del loro ministero apparve ai morti, ovvero, ai non credenti. In realtà, io concedo che Cristo per mezzo dei suoi apostoli si recò con il suo Spirito da quelli che erano tenuti come in prigione; ma questa esposizione appare errata sotto diversi aspetti. In primo luogo, Pietro dice che Cristo andò agli spiriti, con cui intende le anime separate dal loro corpo, perché gli uomini vivi non sono mai chiamati spiriti. In secondo luogo, ciò che Pietro ripete nel quarto capitolo sullo stesso argomento, non ammette una tale allegoria. Dunque le parole devono essere propriamente intese come i morti. In terzo luogo, sembra molto strano che Pietro, parlando degli apostoli, debba immediatamente, come se si dimenticasse di sé stesso, tornare al tempo di Noè. Certamente questo modo di parlare sarebbe molto inadeguato. Questa spiegazione non può essere corretta.

Inoltre, la strana nozione di quelli che pensano che i non credenti riguardo alla venuta di Cristo, furono liberati dal loro peccato dopo la sua morte, non necessita di una lunga confutazione. Infatti è una dottrina indubitabile della Scrittura, che noi non otteniamo la salvezza in Cristo se non per fede; non vi è dunque alcuna speranza residua per coloro che continuano a non credere fino alla loro morte. Dicono una cosa più probabile quelli che dicono che la redenzione ottenuta da Cristo giovò ai morti, i quali all’epoca di Noè furono a lungo non credenti, ma si ravvidero poco prima di affogare nel diluvio. Essi quindi compresero di soffrire nella carne la punizione dovuta per la loro perversione, e tuttavia furono salvati da Cristo, così che non perirono per sempre. Ma questa interpretazione non può reggersi; è in realtà incoerente con le parole del passo, perché Pietro attribuisce la salvezza solo alla famiglia di Noè, e dà alla rovina tutti quelli che non erano dentro l’arca.

Non ho quindi alcun dubbio che Pietro parli in modo generale, che la manifestazione della grazia di Cristo fu fatta agli spiriti pii, e che essi furono quindi dotati del potere vitale dello Spirito. Dunque non vi è ragione di temere che non si riversi su di noi. Ma si può chiedere, Perché egli pone in prigione le anime dei pii dopo che hanno abbandonato i loro corpi? Mi sembra che la parola phylaché significhi un torre di guardia in cui si trovano le guardie allo scopo di vigilare, o l’atto stesso di vigilare, perché così è spesso intesa dagli autori greci; e il significato sarebbe molto appropriato, che le anime pie vigilassero nella speranza della salvezza loro promessa, come se la vedessero da lontano. Né vi è alcun dubbio che i santi padri, in vita così come dopo la morte, diressero i loro pensieri a questo oggetto. Ma se si preferisse la parola prigione, non sarebbe inappropriata, perché, mentre erano in vita, la Legge, secondo Paolo (Galati 3:23), era una sorta di prigione in cui essi erano tenuti; così dopo la morte devono aver sentito lo stesso desiderio di Cristo, perché lo spirito di libertà non era ancora stato dato pienamente. Per cui questa ansia d’attesa era per loro una sorta di prigione.

Fin qui le parole dell’Apostolo sembrano accordarsi fra loro, e con il corso dell’argomento; ma quello che segue presenta alcune difficoltà; infatti egli non menziona qui i fedeli, ma solo i non credenti, e questo sembra capovolgere l’esposizione precedente. Per questa ragione, alcuni sono stati indotti a pensare che qui non si dica altro che i non credenti, i quali in passato avevano perseguitato i pii, trovarono nello Spirito di Cristo un accusatore, come se Pietro consolasse i fedeli con questo argomento, che Cristo, anche quando era morto, li puniva. Ma il loro errore è messo in luce da ciò che vedremo nel prossimo capitolo, che il Vangelo fu predicato ai morti, affinché potessero vivere secondo Dio nello spirito, che si applica in modo particolare ai fedeli. Ed è inoltre certo che là egli ripeta quello che che dice qui. D’altronde, non hanno considerato che ciò che Pietro intendeva era specialmente questo, che come la potenza dello Spirito di Cristo si rivelò nel risuscitarlo, e fu nota come tale dai morti, così essa sarà nota a noi.

Vediamo, tuttavia, perché egli menziona solo i non credenti; perché sembra dire che Cristo nello spirito apparve a coloro che in passato erano stati non credenti; ma io lo interpreto diversamente, che all’epoca i veri servi di Dio era mescolati ai non credenti, ed erano quasi nascosti per via del loro numero. Concedo che la costruzione greca non si accordi con questo significato, perché se Pietro avesse inteso questo, avrebbe dovuto usare il caso genitivo assoluto. Ma siccome non era inusuale che gli Apostoli usassero un caso invece di un altro, e siccome vediamo che Pietro qui riunisce molte cose, e non può essere ricavato alcun altro significato adeguato, non ho alcuna esitazione nel fornire questa spiegazione di questo intricato passo, così che i lettori possano capire che quelli chiamati non credenti sono differenti da quelli ai quali egli dice che fu predicato il Vangelo.

Dopo aver quindi detto che Cristo fu manifestato ai morti, egli aggiunge immediatamente, "I quali già furon ribelli", con cui intende, che non fu di alcun danno ai santi padri che essi fossero quasi nascosti nel gran numero di empi. Perché egli incontra, come penso, un dubbio che probabilmente tormentava i fedeli ai suoi giorni. Essi vedevano quasi l’intero mondo pieno di non credenti, che questi godevano di ogni autorità, e che la vita era in loro potere. Questa prova avrebbe potuto scuotere la fiducia di coloro che erano chiusi, per così dire, sotto la sentenza di morte. Quindi Pietro ricorda loro che la condizione dei padri non era differente, e che sebbene la moltitudine di empi all’epoca coprisse l’intera terra, la loro vita fu tuttavia preservata nella sicurezza dalla potenza di Dio.

Egli quindi ha confortato i pii, ché non fossero abbattuti e distrutti perché erano così pochi; e ha scelto un esempio fra i più notevoli dell’antichità, proprio quello del mondo sommerso dal diluvio, perché nella rovina generale dell’umanità, solo la famiglia di Noè si salvò. Ed indica la maniera, e dice che fu una sorta di battesimo. Anche sotto questo aspetto, non vi è nulla di inappropriato.

La sintesi di quello che viene detto è questa, che il mondo è sempre stato pieno di non credenti, ma che i pii non dovrebbero essere terrorizzati dal loro grande numero, perché sebbene Noè fosse circondato da ogni parte dagli empi, ed avesse pochissimi amici, tuttavia egli non fu sviato dal retto corso della sua fede.

"Quando la pazienza di Dio aspettava". Questo dovrebbe essere applicato agli empi, i quali furono resi più indolenti dalla pazienza di Dio; perché quando Dio ritardò la sua vendetta e non la eseguì immediatamente, gli empi ignorarono con arroganza tutte le minacce; ma Noè, al contrario, avvertito da Dio, ebbe per lungo tempo il diluvio davanti ai suoi occhi. Da questo deriva la sua assiduità nel costruire l’arca, perché essendo terrorizzato dal giudizio di Dio, egli scosse ogni torpore.

(Giovanni Calvino, Commentario alle Epistole Cattoliche)

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