Salmodia - Testimonianza biblica

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La testimonianza biblica

Il canto dei Salmi è comandato? - Il canto di inni non ispirati è autorizzato?

La questione se Dio ha comandato che la Sua chiesa cantasse i Salmi durante il culto pubblico può sembrare assurda, eppure persino tra i Riformati vi sono coloro che sostengono che il canto dei Salmi non sia richiesto. Si ode, per esempio, affermare che, sebbene la Scrittura comandi il canto delle lodi, esso non richieda lo specifico canto dei Salmi nel culto. Altri ancora sostengono che dato che né l'Antico né il Nuovo Testamento comandano direttamente il canto dei Salmi nel culto comunitario pubblico di Dio, il cantarli dobbiamo considerarlo più un privilegio che un dovere.

La ragione per la quale gli oppositori della salmodia sostengono che il canto dei Salmi non sarebbe comandato, è che se il canto di inni non ispirati non è un comandamento di Dio, allora si potrebbe sostenere che il contenuto dei canti di lode sia un elemento circostanziale del culto e non un elemento essenziale. Sostenere che il canto dei Salmi non sia comandato, di fatto è un tentativo di eludere il principio regolatore del culto. Se può essere dimostrato dalla Scrittura che il canto della Parola ispirata di Dio sia un'ordinanza divina, allora il canto di composizioni umane non ispirate è pure automaticamente escluso dal culto pubblico. Di fatto, è necessario dimostrare che la Scrittura prescriva il canto di testi non ispirati. Questo, come si vedrà più avanti non è possibile. Coloro che sostengono che il canto dei Salmi nel culto non sia comandato e che quindi sia semplicemente un fattore circostanziale del culto, sono costretti ad ignorare una grande quantità di evidenze contrarie. Il canto dei Salmi ispirati da Dio nel culto è sostenuto da comandi specifici, dall'esempio storico e dalla deduzione.

  • Il libro stesso dei Salmi contiene diversi comandi di esprimere la lode verso Dio attraverso i Salmi stessi. "Venite, cantiamo con gioia al SIGNORE, acclamiamo alla rocca della nostra salvezza! Presentiamoci a lui con lodi, celebriamolo con salmi!" (Salmo 95:1-2) (n1), Si confronti pure: Salmo 81:2; 98:5; 100:2; 105:2).
  • Che il libro dei Salmi sia espressamente designato da Dio per il canto nell'ambito del culto, è indicato dalla terminologia musicale presente nei titoli dei salmi stessi ed attraverso i Salmi. Vi si menziona infatti il capo dei musici, gli strumenti musicali da usarsi e le melodie prescritte. Si definiscono costantemente i Salmi come "canti, salmi (canti melodiosi) ed inni". Sebbene sia vero che i Salmi possano essere semplicemente letti, pregati, recitati come una litania e così via, essi erano stati chiaramente intesi affinché il popolo di Dio li cantasse.
  • Registrati nella Bibbia vi sono diversi esempi biblici storici di Salmi usati nel culto pubblico (cf. 1 Cronache 16; 2 Cronache 5:13; 20:21; 2 Samuele 1:18; 2 Cronache 5:13; 29:30; Esdra 3:11). Essi non erano solo cantati dal coro di Leviti di fronte al popolo di Dio, ma anche diligentemente insegnati alla "gente comune" (ad es. Esodo 15:1; 2 Samuele 1:18; 2 Cronache 23:13; Salmo 30:4; 137:1 ss.; Matteo 26:30; Giacomo 5:13)
  • Il fatto che Dio ha posto nel canone delle Scritture ispirate una collezione di 150 canti per il culto, prova di per sé stesso che Dio richiede che questi canti siano usati nel culto pubblico. Il Signore ci ha dato nelle Scritture un intero libro di Salmi ispirati e poi ci ha comandato: "Cantate i salmi". Persino indipendentemente dalla questione se nel culto sia ammesso il canto di composizioni non ispirate, non è forse il massimo della follia e dell'empietà guardare, per così dire, il Signore in faccia e poi insistere di non avere alcun obbligo di cantarvi i Salmi che Egli ci ha fornito, quelli che Egli, nella Sua grazia, ci ha messo nelle mani? Il fatto stesso che un'ampia collezione di Salmi sia stata posta nel canone delle Scritture, senza alcun limite dimostrabile per il loro utilizzo, costituisce un comando divino di usare quell'intero libro nell'ambito del culto. Se il Signore ci ha affidato, come ha fatto, il libro dei Salmi e ci comanda di cantare i Salmi, noi non abbiamo alcun diritto, senza ulteriori istruzioni, di escludere certi salmi da quelli che sono resi disponibili alla chiesa. Coloro che sostengono che porre un innario ispirato nel più bel mezzo del Canone non sia un fattore significativo e che non sia una chiara indicazione che Dio intendesse che essi fossero usati nel culto della chiesa, potrebbero altresì sostenere che la composizione del canone non fornisca alcun'indicazione specifica che i 66 libri ivi contenuti debbano essere usati quando la Parola di Dio è letta nel culto della chiesa.
  • Un esame attento dei testi biblici che trattano dei canti usati nel culto e come siano stati composti i canti per il culto, rivela che Dio solo autorizza ed accetta per la lode che Gli è rivolta, solo canti ispirati. Se quando la Bibbia parla della fonte dei canti per il culto, essa rappresenta il testo come prodotto sotto ispirazione divina, allora l'ispirazione è pure una norma divina per questa ordinanza.

Nella Bibbia vi sono così tanti esempi che mostrano lo stretto rapporto esistente fra il comporre per la chiesa canti di lode e l'ispirazione profetica, che è sorprendente come questo punto sia stato ignorato da coloro che asseriscono di attenersi al principio regolatore. C'è l'esempio della profetessa Miriam che, per divina ispirazione, compone un canto per celebrare la liberazione di Israele dalla schiavitù d'Egitto. Abbiamo pure il canto ispirato di Debora, la profetessa (Giudici 5). Vi sono i canti ispirati dallo Spirito Santo del profeta Isaia (p. es. 5:1; 26:1ss, ecc.) come pure i canti ispirati di Maria (Luca 1:46 ss). Se 1 Corinzi 14:26 si riferisce a cristiani che componevano canti per il culto pubblico, essi erano prodotti dall'immediata azione dello Spirito Santo.


he question of whether the new covenant church should sing divinely inspired songs outside of the book of Psalms is dealt with below.)

    The Old Testament saints whom God used to write the Psalter wrote by the inspiration of the Holy Spirit. Note once again that prophetic inspiration and the writing of songs of praise go hand in hand. King David, whom the Bible calls a prophet (2 Chr. 29:25-30), wrote his songs by a special gift of the Holy Spirit (2 Sam. 23:1, 2; Ac. 1:16). The New Testament repeatedly refers to David as a prophet when it quotes his songs (cf. Mt. 22:43-44; Mk. 12:36; Ac. 1:16-17; 2:29-31; 4:24-25). The worship of the temple musicians and singers is referred to as prophecy in Scripture (1 Chr. 25:1-7). This designation, when applied to song content, obviously means that what they sang was the product of divine inspiration. Thus, the temple musicians and singers who were involved in writing songs for worship did so under the special operation of the Spirit. Heman (who was appointed by David as a worship leader of the sanctuary) is called a "seer" (1 Chr. 25:5) in Scripture; a term synonymous with the word "prophet." Bushell writes, "Prophetic titles and roles are consistently attributed to the chief temple musicians and singers. Asaph, for example, one of David’s principle musicians (1 Chr. 6:39; 15:17; 16:5 ff.; 2 Chr. 5:12), appointed by him over the service of song and by Solomon in the Temple service, is also called a 'seer' and placed alongside David as far as authority in Temple music is concerned (2 Chr. 29:30). Nor ought we to miss the significance of the fact that some 12 of the Old Testament Psalms (50, 73-83) are attributed to Asaph, thus confirming his role as a writer of inspired worship song. Jeduthun, another chief temple singer, is also called a 'seer' (2 Chr. 35:15; cf. 25:1; and Pss. 39, 62, and 77 titles)."14 The writing of worship songs in the Old Testament was so intimately connected with prophetic inspiration that 2 Kings 23:2 and 2 Chronicles 34:30 use the term "Levite" and "prophet" interchangeably. The worship of Jehovah is so important that nothing less than infallible Spirit-inspired lyrics are acceptable for praise in the church.
    James A. Kennedy writes, "What is praise? The word is derived from the word 'price.' But who knows God’s price or value? To prepare a complete and sufficient manual of praise one must know, on the one hand, all the divine excellences, for they are to be set forth in sufficient measure and due proportion; and, on the other hand, the whole range of human devotional feeling called forth by contemplating the divine perfections. But such vast knowledge is only possible to one to whom a divine revelation has been made. And to give adequate expression to this knowledge, divine inspiration is an absolute prerequisite…. God evidently deemed it necessary to have His praises prepared thus, for as a matter of fact He inspired David, Asaph, and others to compose them. And He never puts forth divine power unless it is necessary. God kept the manual of praise strictly under His control. Why should he be indifferent to this matter now? And why should we be put off without a divine book for this dispensation? Are we not as worthy of such a perfect book as the Old Testament Church?"15
    There have been attempts (by opponents of exclusive Psalmody) to refute the assertion that divine inspiration was a requirement for the composition of worship songs to be used by the church. One author argues that the Scripture only requires theological accuracy in the composition of worship songs. The problem with his argument is that he does not offer any scriptural texts or examples to back up his claim—not one. Another author quotes several examples of worship songs that are not found in the book of Psalms as proof that divine inspiration was not necessary. The problem with this person’s argument is that every song he refers to was given by divine inspiration (e.g. Ex. 15:20-21; Jdg. 5; Is. 5:1; 26:1 ff.; Lk. 1:46 ff.; 1 Cor. 14:26). His own argument is self-refuting. Another author quotes from Isaiah 38:20 ("The Lord was ready to save me; therefore we will sing my songs with stringed instruments all the days of our life, in the house of the Lord") as proof that uninspired songs were used in public worship in the Old Testament era.16 This author assumes that since these songs, written by King Hezekiah, were never inscripturated into the canon, therefore they must be uninspired. This argument falls to the ground when we consider that many prophecies and inspired writings did not make it into our Bibles. (There are Old Testament prophets named of whom we have no surviving oracles. There is the missing letter of Paul to the Corinthians as well as the volumes of sayings, proverbs, and teachings that Christ spoke to His disciples, etc.). The fact that Hezekiah’s songs (except the one recorded in Is. 38) did not make it into our Bible does not tell us at all whether or not they were inspired. In fact, the passage under discussion, if anything, indicates that his songs were inspired. Note the transition from the singular ("me") to the plural ("we"). The king identifies himself with the Levitical choir of the Temple, which as noted above functioned as a musical prophetic guild. In any case, there certainly is not a shred of evidence that Hezekiah composed uninspired songs. That assertion is assumed, not proven.
    There are "Reformed" pastors who argue that the fact that every instance of worship song in the Bible is divinely inspired holds no significance for today’s church. They reason that since worship songs are in the Bible, which in itself is divinely inspired, they of necessity must also be inspired. This reasoning is fallacious for two reasons. First, the Bible contains many infallibly recorded statements of uninspired people speaking. The Bible records people lying, people with bad theology, and even Satan lying to Jesus. No one would argue that Satan’s lies were divinely inspired. Second, and even more significant, is the fact that the Holy Spirit emphasizes that worship songs came not from any one who decided to write a song, but only from seers and prophets. The only way to argue against the sole use of divinely inspired songs in the church is to abandon the regulative principle of worship, either explicitly or by subterfuge. Abandoning the scriptural laws of worship places one outside of Reformed Christianity (with regard to worship) and sets him squarely in the Episcopal, Lutheran, and Anabaptist camp.
    6. The Bible teaches that the Psalms were sung for public and private worship in the apostolic church. The singing of divinely inspired songs in worship is not only an Old Testament worship ordinance, but also a new covenant era ordinance.
    In fact, it was Jesus Himself who specifically used the Psalms for praise when He introduced the New Testament ordinance of the Lord’s Supper. Both Matthew and Mark tell us that immediately after the institution of the Lord’s Supper Jesus and the apostles sang a hymn. "And when they had sung a hymn [lit. 'when they had hymned'], they went out to the Mount of Olives" (Mt. 26:30; cf. Mk. 14:24). The majority of commentators believe that the word "hymn" here refers to a Psalm or Psalms from the "Hallel" (i.e., Ps. 113-118). James Morison writes, "Or Psalm, as it is in the margin and the Geneva: or very literally, And when they had hymned (humnesantes). The word does not imply that it was but one hymn or psalm that was sung or chanted. And if the tradition, preserved among the Jews, is of any weight in such a matter, the hymning at the conclusion of the supper would embrace Psalms cxv., cxvi., cxviii., which constitute the second part of the Jewish Hallelujah, or Hallel, as they call it. The other part of the Hallel consisted of Psalms cxiii., cxiv., which it was customary to chant at the commencement of the feast."17 Matthew Henry points out (in his commentary on the passage) that if Jesus and the disciples had departed from the normal Jewish practice of singing the Psalms after the Paschal meal, it probably would have been recorded in the Gospel accounts, for it would have been a new practice. He then writes, "Singing of psalms is a gospel-ordinance. Christ’s removing the hymn from the close of the passover to the close of the Lord’s Supper, plainly intimates that he intended that ordinance should continue in his church, that, as it had not its birth with the ceremonial law, so it should not die with it."18 The Holy Spirit tells us that the Lord of glory sang Psalms at the institution of the Lord’s Supper. Bushell writes, "Psalmody and the Lord’s Supper are no more separable now than psalmody and the Passover ritual were in Old Testament times. There is thus no instance of Scripture that shows more clearly than this the abiding significance of the Old Testament Psalms for the New Testament Church."19 Does your church follow the example of Jesus Christ and the Apostles by singing the Spirit-inspired Psalms of Scripture whenever you partake of the body and blood of our precious Savior?
    It is providential that when Jesus was about to enter the humiliation, torture, agony, abandonment, and darkness of Golgotha He had the words of victory upon His lips. "The stone which the builders rejected has become the chief cornerstone. This was the Lord’s doing; It is marvelous in our eyes. This is the day which the Lord has made; we will rejoice and be glad in it. Save now, I pray, O Lord; O Lord, I pray, send now prosperity. Blessed is he who comes in the name of the Lord! We have blessed you from the house of the Lord. God is the Lord, and He has given us light; bind the sacrifice with cords to the horns of the altar. You are my God, and I will praise You; You are my God, I will exalt You. Oh, give thanks to the Lord, for He is good! For His mercy endures forever" (Ps. 118:22-29). If the head of the church choose the Spirit-inspired Psalms for praise, comfort, and edification, should not His bride do likewise? Who are we to set aside the ordinance of the Son of God?


Atti 16:25

In Atti 16 Paolo e Sila vengono gettati in prigione (v. 24) dopo che una folla esagitata li denuncia alle autorità di Filippi con l'accusa di "turbare la città". Luca ci dice che "Verso la mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano" (v. 25). Il verbo tradotto con "cantavano inni" è lo stesso che viene usato per descrivere il canto dei Salmi in Matteo 26:30 e Marco 14:24. Gli israeliti pii spesso imparavano a memoria i Salmi per uso devozionale e i Salmi contengono espressamente "inni". Non abbiamo evidenza di altre raccolte di inni al tempo degli apostoli. E' verosimile, così, che Paolo e Sila cantassero degli inni contenuti nel libro dei Salmi. I Salmi di Davide sono stati da sempre particolarmente vicini al cuore dei sofferenti e il Signore stesso, morendo in croce, ne usa le espressioni. Attraverso il canto Paolo e Sila non solo edificavano e consolavano sé stessi in quelle circostanze, ma fornivano una testimonianza ed una fonte di incoraggiamento agli stessi altri prigionieri che ascoltano le loro preghiere e canti. Il pregare ed il cantare lodi a Dio non sembrano qui neppure essere due atti distinti (il testo letteralmente dice: "pregando cantavano lodi".

Efesini 5:19 e Colossesi 3:16

Questi testi sono importanti perché sono usati come "testi probanti" sia da coloro che sostengono l'esclusività del canto dei Salmi nel culto, sia da coloro che ne ammettono l'uso di composizioni non ispirate. Paolo Scrive: "...parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore" (Efesini 5:19); "La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali" (Colossesi 3:16).

Che cosa intende dire l'Apostolo con "salmi, inni e cantici spirituali"? Si tratta forse di tre diversi tipi di canti, solo il primo dei quali si riferisce ai Salmi ispirati, oppure, come noi sosteniamo e comproviamo, si tratta di espressioni che indicano tre diversi tipi di canti presenti all'interno del Salterio ispirato stesso? Di fatto è vera quest'ultima affermazione. Non dobbiamo presumere che ciò che noi oggi consideriamo un inno, fosse inteso anche al tempo di Paolo come canto composto da poeti e musicisti credenti in forma metrica a strofe separate (raccolto in libri posti sui banchi della chiesa), diverso dalle composizioni che nella Bibbia definiamo come "Salmi", e diverso ancora dai "cantici spirituali" intesi oggi frequentemente come "espressioni spontanee e ripetitive di lode e di adorazione suscitate dall'impulso della propria fede". Questa distinzione è del tutto moderna: bisogna identificare che cosa quest'espressione stesse a significare fra i cristiani di lingua greca del I secolo.

Per comprenderne il significato bisogna considerare diversi fattori: (1) il pensiero religioso e la concezione del mondo degli apostoli era imbevuta dall'Antico Testamento, che Gesù stesso aveva interpretato in continuità organica. Tutto ciò è ben distinto dalle concezioni e cultura religiosa del paganesimo. Quando l'apostolo Paolo, perciò, discute di dottrina e di culto, egli fa uso di termini e di concetti congruenti con la fede israelita nutrita dalle Scritture ebraiche. Benché egli si esprimesse in greco koiné, molte delle espressioni che usa sono trasposizioni letterali di quelle ebraiche. Si tratta di un greco fortemente influenzato dall'ebraismo. (2) Le chiese fondate da Paolo erano costituite da israeliti, proseliti del giudaismo ("timorati di Dio") e da persone d'estrazione pagana. Queste chiese facevano uso della versione greca delle Sacre Scritture ebraiche chiamata Septuaginta. Quando Paolo esprime idee veterotestamentarie ad un pubblico di lingua greca, egli fa uso della terminologia della Septuaginta. Quando così esaminiamo la Septuaginta, troviamo che i termini "salmi" (psalmos), "inni" (hymnos) e "cantici" (odee), essi fanno sempre riferimento al libro veterotestamentario dei Salmi, non a raccolte di canti diversi. "Psalmos" ricorre circa 87 volte nella Septuaginta, di cui 78 sono nei salmi stessi, e 67 volte nei titoli dei salmi. Esso pure forma il titolo della versione greca del salterio. "Hymnos" ricorre 17 volte nella septuaginta, 13 delle quali nei Salmi, sei volte nei titoli. In 2 Samuelw, 1 e 2 Cronache e Neemia, vi sono circa 16 esempi in cui i salmi sono chiamati "inni" (hymnoi), o "cantici" (odai) ed il canto di questi è chiamato "inneggiare" (hymneo, hymnodeo, hymnesis). "Odee" ricorre 80 volte nella Septuaginta, 45 volte è nei Salmi, 36 nei titoli dei salmi. In dodici titoli di salmi troviamo sia "salmi" che "cantici", e in due altri troviamo "salmi" ed "inni". Il Salmo 76 è designato "Salmo di Asaf, canto". Alla fine dei primi 72 salmi leggiamo (nella Septuaginta: "ἐξέλιπον οἱ ὕμνοι δαυιδ τοῦ υἱοῦ ιεσσαι", cioè "qui finiscono gli inni di Davide figlio di Isai". In altre parole, non c'è maggior ragione di pensare che l'Apostolo si riferisse ai salmi quando dice "salmi" di quanto non dica riferendosi a "inni" e "cantici", perché tutti e tre sono termini biblici riferentisi ai Salmi del libro dei Salmi stesso. Ignorare il modo in cui l'uditorio originale avesse inteso, così, "salmi, inni e cantici" per importarvi il significato che noi diamo a questi termini, il meno che si possa dire è che è scorretto.

Una delle obiezioni più comuni contro l'idea che in Efesini 5:19 e Colossesi 3:6 l'Apostolo stia parlando del libro dei Salmi è che sarebbe assurdo che egli dicesse "Cantate salmi, salmi e salmi". Questa obiezione, però, non considera il fatto che fra gli antichi ebrei era comune far uso di espressioni letterarie triplici per indicare una certa idea, atto o oggetto. La Bibbia contiene molti esempi di espressioni triadiche. Per esempio, Esodo 34:7 "...perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato", Deuteronomio 5:31 e 6:1 "io ti dirò tutti i comandamenti, tutte le leggi e le prescrizioni che insegnerai loro", Matteo 22:37 "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (cfr. Marco 12:30; Luca 10:27); Atti 2:22 "...uomo che Dio ha accreditato fra di voi mediante opere potenti, prodigi e segni", e così pure in Efesini 5:19 e Colossesi 3:6: "salmi, inni e cantici spirituali". La distinzione triadica usata da Paolo sarebbe stata immediatamente comprensibile da un uditorio familiare con il salterio ebraico o la Septuaginta greca, dove appunto quelli che noi chiamiamo semplicemente "Salmi" erano indicati come: "salmi, inni e cantici spirituali". La Scrittura dev'essere l'interprete di sé stessa.

L'interpretazione che dice: "salmi, inni e cantici spirituali" si riferisce al libro ispirato dei Salmi pure riceve sostegno biblico dal contesto immediato e dalla grammatica di questi brani. In Colossesi 3:16 siamo così esortati: "La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente". In questo brano la "Parola di Cristo" è verosimilmente corrispondente a "Parola di Dio". In 1 Pietro 1:11 si afferma che "lo Spirito di Cristo" era nei profeti dell'Antico Testamento, ed attraverso di essi testimoniava delle future sofferenze del Cristo e della gloria che ne avrebbe seguito. Se lo Spirito di Cristo testimoniava di queste cose attraverso gli antichi profeti di Israele, allora Cristo era l'autore ultimo di quelle Scritture. Prominente fra queste profezie messianiche è il libro dei Salmi, e quindi si può dire che Cristo sia l'autore dei Salmi. Dopo che Paolo esorta i Colossesi a che la Parola di Cristo abiti in loro abbondantemente, egli immediatamente indica loro il libro dei Salmi, un libro che comprende in magnifica sintesi tutto l'insegnamento della Bibbia, un libro molto superiore a qualunque altro libro devozionale, che Calvino chiama: "Un'anatomia di tutte le parti dell'anima", "un compendio di tutta la teologia". Forse che lasciamo che le Scritture, la Parola di Cristo, abiti in noi abbondantemente quando, durante il culto, cantiamo composizioni umane che, per quanto riflettano l'insegnamento della Scrittura (cosa che non è sempre garantita), sono molto inferiori alle espressioni della Parola di Dio? No, certo che no. Se dobbiamo meditare e cantare la Parola di Cristo, dobbiamo cantare ciò che Cristo ha scritto attraverso il Suo Spirito nel libro dei Salmi.

Anche la grammatica appoggia il fatto che Paolo qui parli del libro dei Salmi. Nelle nostre versioni italiane della Bibbia, l'aggettivo "spirituale" viene connesso al terzo elemento, "cantici spirituali", come se riguardasse solo quelli. Di fatto, in greco, quell'aggettivo riguarda anche gli altri due termini: salmi spirituali, inni spirituali, e cantici spirituali. Tutt'e tre i termini sono nel dativo femminile e per "spirituale" si intende "ispirato dallo Spirito (Santo)". Questo fa escludere immediatamente che l'aggettivo possa essere attribuito a composizioni umane non incluse nel canone biblico, composizioni che non possono essere equiparate agli scritti biblici come ispirata Parola di Dio. Molte composizioni umane sono di alto livello, compatibili con l'insegnamento biblico, composte da uomini e donne sospinti da autentica fede e dallo Spirito Santo. Queste ultime composizioni, però, non possono essere considerate propriamente "Parola di Dio" e quindi non possono essere considerate nemmeno "spirituali" in quel senso.

I Salmi dell'Antico Testamento, è vero, sono insufficienti per i bisogni della Chiesa in questa dispensazione, ma solo nel senso che essi richiedono di essere letti nell'ottica della rivelazione completata nel canone del Nuovo Testamento. Essi devono essere cantati nello spirito di ciò che si è compiuto nel Nuovo Testamento, nel quadro del suo insegnamento. Prima che fosse chiuso il Canone del Nuovo Testamento i primi cristiani si ritrovavano con un insegnamento necessariamente incompleto. Dio sovviene a questa loro mancanza attraverso i doni carismatici di rivelazione (profezie ed anche canti) che. con la predicazione apostolica, aprono loro il pieno significato dell'Antico Testamento. I doni carismatici speciali, però, cessano con la chiusura del Canone biblico e con la sua diffusione capillare. In presenza dell'insegnamento biblico completo i doni carismatici speciali cessano completamente perché non più necessari, e quindi cessano anche gli autentici "canti spirituali" suscitati dallo Spirito Santo. Allo stesso modo in cui a nessun profeta moderno possono essere attribuite caratteristiche di rivelazione tali da far equiparare le sue parole a quelle della Scrittura, così nessun "canto carismatico" moderno equivale ai "cantici spirituali" che troviamo nella Scrittura, certo anche al di là dei Salmi, ma sempre limitatamente all'ambito delle Sacre Scritture. Questo potrebbe anche autorizzare il cantare altri testi della Bibbia diversi dai Salmi, perché noi li riconosciamo ugualmente Parola di Dio, ma nulla più di quello.

Gli inni dell'Apocalisse

Il libro dell'Apocalisse contiene diversi esempi di canti nel contesto del culto (ad es. 4:8, 11; 5:9-13; 7:10-12; 11:17-18; 14:2-3; 15:3-4; 19:1, 2, 5, 8). La domanda che ci si pone di fronte ad essi è se questi canti ci possono insegnare qualcosa su ciò che dobbiamo cantare nel culto pubblico e su come oggi noi lo si debba condurre? La risposta è no.

Si tratta di letteratura apocalittica che non era intesa essere letteralmente guida o modello del culto pubblico. Se lo fosse, saremmo tutti cattolici-romani, perché Apocalisse descrive un "altare" (6:9; 8:3, 5; 9:13; 11:1; 14:18; 16:7), "incenso" (8:4), "trombe" (1:10; 4:1; 8:13; 9:14), "arpe" (5:8; 14:2; 15:2) e persino l'Arca del patto (11:19). Dovremmo pure essere dei mistici, perché nell'Apocalisse non vi sono solo creature umane a rendere culto a Dio, ma anche uccelli, insetti, pesci, vermi ecc. (5:13). La letteratura apocalittica fa uso di linguaggio figurativo e di immagini molto forti per insegnarci lezioni spirituali. In una rappresentazione teatrale non sono importanti le scenografie di per sé stesse, ma il messaggio che vuole comunicare. Il libro dell'Apocalisse è pieno di oscuri rituali, con troni e templi, un'intera serie di atti liturgici che non hanno a che fare con le nostre circostanze cultuali. Il tentativo di importare elementi del culto dalla letteratura apocalittica può solo condurre al caos liturgico. Inoltre, anche se volessimo prendere le scene apocalittiche del culto celeste come modello per la chiesa oggi, ancora esse non autorizzerebbero l'uso di inni non ispirati, perché i canti che vi troviamo sono comunque composizioni ispirate che procedono dal cielo stesso, dal trono e dalla presenza di Dio. Come abbiamo notato, le scene del culto apocalittico con altare, incenso, arpe ed altri cerimoniali, non possono essere applicate alla chiesa del Nuovo Patto senza che le Scritture si contraddicano, e questo è impossibile.

Alcuni fanno appello al "cantico nuovo" menzionato in Apocalisse 14:3 come se fosse l'autorizzazione biblica a comporre oggi nuovi cantici... Se però studiamo come questa frase sia usata nella Scritture, vediamo come l'espressione "cantico nuovo" non ha nulla a che fare con la composizione di canti non ispirati dopo la chiusura del canone. L'espressione "cantico nuovo" nell'Antico Testamento può riferirsi ad un canto il cui contenuto sono nuove misericordie, o nuove meraviglie della potenza divina (ad es. 40:3; 98:1). Si rammenti, però, che questa espressione è usata per descrivere canti scritti sotto divina ispirazione. Questo fatto limita i "nuovi cantici" a quelli ispirati che si trovano nella Bibbia. Dato che l'espressione "cantico nuovo" è usata per descrivere canti scritti da persone dotate di doni profetici e non si applica a qualsiasi israelita, non si può applicarla a compositori dei nostri giorni, per quanto valenti e popolari possano essere. Un altro significato di "cantico nuovo" si riferisce non a canti che celebrano nuovi atti di misericordia, ma al cantare un canto con uno spirito nuovo, diverso, cioè con un cuore riconoscente e gioioso. Il canto può essere di antica composizione, quando però applichiamo il canto ispirato esperienzialmente alla nostra situazione, lo cantiamo in modo diverso da prima, nuovo. Questo è probabilmente il significato di "cantare un canto nuovo" nei Salmi che, specificatamente non menzionano nuove grazie. Per esempio, il Salmo 33:3 dice: "Cantategli un cantico nuovo, sonate bene e con gioia" e poi discute dottrine generali ben note, come creazione, provvidenza, speranza e fiducia in Dio. C'è poi un senso per il quale i canti dell'Antico Testamento diventano "cantici nuovi" per il cristiano, nel senso che cantiamo i Salmi in una prospettiva diversa da quella dei credenti nell'Antico Patto. E' in questo senso che Giovanni può dire che il comandamento dell'amore per il cristiano è "nuovo" pur essendo presente nell'Antico Testamento, perché ora lo vive nella prospettiva e con la forza di Cristo. (cfr. Levitico 19:18 con 1 Giovanni 2:7; 2 Giovanni 5).

. Another meaning of "new song" refers not to a song describing new mercies, but rather to singing a song anew; that is, with a thankful, rejoicing heart; with a new impulse of gratitude. The song may in fact be very old, but as we apply the inspired song experimentally to our own situation, we sing it anew. This is probably the meaning of "sing a new song" in the Psalms, which use the phrase, yet do not discuss new mercies. For example, Psalm 33 uses the phrase "sing a new song," and then discusses general well-known doctrines: creation, providence, and hope and trust in God. Also, there is a sense in which all the Old Testament songs are "new songs" for the new covenant Christian, in that we sing the Psalms with an understanding and perspective unknown to Old Testament believers. Because of God’s expression of love in and by Christ, Jesus and the Apostle John can even refer to a well-known Old Testament commandment (Lev. 19:18) as a "new commandment" (Jn. 13:34; 1 Jn. 2:7; 2 Jn. 5).40

Note

  • (n1) Così pure traduce la Riveduta e la Diodati, ma non la Nuova Diodati ["Veniamo alla sua presenza con lodi, celebriamolo con canti" (v. 2)] e nemmeno la CEI ["Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia" (94:2).
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