Obiezioni al canto dei Salmi

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Obiezioni al canto dei Salmi nel culti

Le obiezioni contro il canto dei Salmi possono prendere le mosse da ciò che Isaac Watts, famoso compositore di inni cristiani, contestava ai Salmi. Molti oggi ripropongono le stesse argomentazioni e, indubbiamente, pregiudizi.

"Egli sosteneva che gli onorati Salmi metrici del passato non fossero strette traduzioni della Parola di Dio, ma che incorporassero le addizioni e le invenzioni degli uomini. Egli sosteneva che quando leggiamo la Bibbia, noi dobbiamo senza dubbio attenerci all'originale, ma che nostra debba essere la risposta. Se ci viene consentito di predicare e di pregare con le nostre proprie parole, allora, diceva, perché non possiamo cantare con le nostre proprie parole, perché non c'è alcuna differenza essenziale fra preghiera e lode? Inoltre non ci viene forse comandato di cantare "nel nome del nostro Signore Gesù Cristo" (Ef. 5:19,20)? Egli credeva che i Salmi fossero modelli di culto, non testi dei quali essere schiavi. Si riferiva al loro uso nel Nuovo Testamento, incluso Luca 19:38, dove i discepoli citano il Salmo 118, ma nella loro lode aggiungono: 'pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi'. Egli pensava fosse improbabile che tutti i Salmi di Davide fossero originalmente cantati nel culto dell'Antico Testamento. Soprattutto Watts voleva esprimere le parole di Davide nella lingua del cristiano: 'Dove il Salmista usa invettive contro i suoi personali nemici, mi sono sforzato di rivolgerle contro i nostri avversari spirituali. Dove l'originale segue la forma di profezie riguardanti Cristo e la Sua salvezza… non c'è bisogno che noi le si debba sempre cantare nello stile dubbioso e oscuro della predizione, quando le cose predette sono portate alla luce attraverso un pieno compimento. Dove il Salmista parla di sacrifici di capre e di tori, io scelgo invece di menzionare il sacrificio di Cristo, l'agnello di Dio. Quando egli guarda all'arca e grida a Sion, io canto dell'ascensione del mio Salvatore in cielo o la Sua presenta nella Sua Chiesa sulla terra'" [David Fountain in "Evangelical Times" (marzo 1998)].

Aveva ragione? No.




Obiezioni

Il canto come elemento circostanziale del culto?

La ragione per la quale gli oppositori della salmodia sostengono che il canto dei Salmi non sarebbe comandato, è che se il canto di inni non ispirati non è un comandamento di Dio, allora si potrebbe sostenere che il contenuto dei canti di lode sia un elemento circostanziale del culto e non un elemento essenziale. Sostenere che il canto dei Salmi non sia comandato, di fatto è un tentativo di eludere il principio regolatore del culto. Se può essere dimostrato dalla Scrittura che il canto della Parola ispirata di Dio sia un'ordinanza divina, allora il canto di composizioni umane non ispirate è pure automaticamente escluso dal culto pubblico. Di fatto, è necessario dimostrare che la Scrittura prescriva il canto di testi non ispirati. Questo, come si vedrà più avanti non è possibile. Coloro che sostengono che il canto dei Salmi nel culto non sia comandato e che quindi sia semplicemente un fattore circostanziale del culto, sono costretti ad ignorare una grande quantità di evidenze contrarie. Il canto dei Salmi ispirati da Dio nel culto è sostenuto da comandi specifici, dall'esempio storico e dalla deduzione.

Basta che nei nostri canti vi sia correttezza teologica?

Vi sono stati tentativi (da parte degli oppositori della salmodia esclusiva) di rifiutare l'affermazione che l'ispirazione divina fosse un requisito per la composizione di canti per il culto della chiesa. Si sostiene che la Scrittura esige solo correttezza teologica nella composizione di canti per il culto. Il problema di questa affermazione è che essa non offre in suo sostegno alcun testo biblico. Si sostiene che diversi esempi di canti per il culto che non si trovano nel libro dei Salmi siano prova che la divina ispirazione non sia necessaria. Il problema di questa argomentazione è che ogni canto che essa cita sia stato dato di fatto per divina ispirazione (Ad es. Esodo 15:20-21; Giudici 5; Isaia 5:1; 26:1 ss.; Luca 1:46 ff.; 1 Corinzi 14:26).

Questa argomentazione confuta sé stessa. Si cita Isaia 38:20 ("Io ho l'Eterno che mi salva! e noi canteremo cantici al suon degli strumenti a corda, tutti i giorni della nostra vita, nella casa dell'Eterno" Riv.) come prova che fossero usati canti non ispirati nel culto pubblico al tempo dell'Antico Testamento. Si presume che dato che questi canti, scritti dal re Ezechia, non furono mai inscritturati nel canone, devono quindi essere stati non ispirati- Quest'argomento cade quando consideriamo che molte profezie e scritti ispirati pure non sono stati raccolte nella Bibbia, come lo sono molte parole di Gesù che non ci sono giunte. Il fatto che i canti di Ezechia (ad eccezione di uno in Isaia 38) non siano stati registrati nella Bibbia, non ci dice nulla sul fatto che non siano stati ispirati. Di fatto, il brano in discussione indica che i suoi canti erano ispirati. Si noti la transizione fra il singolare ed il plurale. Il re identificava sé stesso con il coro dei Leviti nel tempio che, come rilevato più sopra, funzionava come gruppo di profeti. in ogni caso, non c'è prova alcuna che Ezechia avesse composto canti non ispirati. Lo si presume, ma non lo si prova.



"Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio" (1 Corinzi 11:16).



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